LA TECNICA DELLO “STORYTELLING”: USARE LE EMOZIONI PER CATTURARE IL CUORE (E LA FIDUCIA) DEL CLIENTE.

Emozioni storytelling

Storytelling ed emozioni – Immagine: Unsplash

Ci sono vari modi per rendere un luogo importante per una persona. Lo Storytelling è uno dei mezzi con cui farlo. Quello che conta è lo scopo per cui lo si fa. Bisogna sempre avere un obbiettivo altrimenti si va alla cieca.

Riguardo ad uno spazio di vendita lo scopo, senza mezze parole, è quello di fare in modo che il consumatore faccia acquisti subito e che nel breve periodo torni ad acquistare e fruire dei servizi che lo spazio offre. Punti bonus se si appassiona allo stile e all’immagine delle marche esposte.

Tradotto in termini progettuali l’architetto deve fare in modo che chi entra, si trovi a suo agio, sia facile fare acquisti e che ci sia qualcosa di speciale che lo induca tornare.

Risultato: Il negozio, il ristorante, il locale, aumentano le vendite e si differenziano rispetto alla concorrenza (anche quella on-line).

Il caffè è più buono qui!

Il caffè è più buono qui!

Il caffè è più buono qui! – Immagine: Unsplash

Sarà già capitato a tutti di entrare in un ristorante e trovarlo poco attraente, anche se il cibo è buono, non si ha la voglia di tornarci.

Oppure invece succede di aver voglia di andare a vedere le vetrine di un negozio che espone gli stessi prodotti che si possono acquistare in atri posti eppure viene sempre in mente per primo. Per farla semplice quando si dice: “il caffè è più buono qui”, anche se il caffè è lo stesso del bar sotto casa.

Cos’è questo plus, questo bottone magico che si attiva dentro di noi e ci muove a visitare uno spazio (e acquistare) rispetto a mille altri? Si chiama:

EMOZIONE

L’emozione non ha a che fare solo con la bontà del cibo servito o se le scarpe o il vestito in esposizione sono alla moda. Un’emozione nasce perché sotto c’è un progetto che è stato studiato apposta per generarla e farla crescere.

Da Sensitivity Architecture crediamo che un’emozione nasca quando si viene a creare una relazione forte tra la persona, che è anche il consumatore ma è soprattutto un individuo con gusti e opinioni unici, lo spazio fisico che vive, come può essere un’abitazione, un negozio o un locale pubblico e i valori che questo spazio gli comunica. Si crea insomma un rapporto di fiducia, un coinvolgimento emotivo.

Pensare uno spazio così vuol dire applicare i principi di quello che in Sensitivity chiamiamo Design Emozionale.  Vediamo allora una potente strategia per creare coinvolgimento emotivo.

Questo strumento che deriva dal marketing viene ormai abitualmente utilizzato nelle più grandi catene di negozi che riescono a convincere i clienti ad acquistare i prodotti di quel  marchio e farlo più volte. Il nome che usano gli esperti usano per questo sistema è storytelling.

Cosa vuol dire storytelling?

Lo storytelling è una cosa molto seria. È la scienza che traduce e promuove le ‘cose’ (vere o immaginarie che siano) in parole, immagini, suoni, percezioni ‘reali’. E, traducendole in percezioni ‘reali’, le rende ‘vere’: pregne di significati e legittimate a esistere.

 

Andrea Fontana, Manuale di Storytelling, Rizzoli Etas, Milano 2009

La parola unisce i 2 termini inglesi Story e Telling. Secondo L’Oxford Dictionary corrisponde a “l’attività di raccontare e scrivere storie”.

Semplificando lo schema narrativo che viene usato è molto simile a quello di una fiaba. Con l’eroe, la principessa da salvare, il cattivo, il pericolo da superare…ecc. Il primo che ha elaborato le varie fasi che costituiscono la struttura di una fiaba è l’antropologo Vladimir Propp.  Successivamente gli schemi originali sono ampliati, aggiornati e adattati alle moderne esigenze di marketing.

Nello specifico vuol dire raccontare una storia che attrae l’attenzione dell’acquirente attraverso i sentimenti, stimola i suoi desideri e lo persuade a compiere delle azioni. In poche parole, costruire un racconto per comunicare del valore.

L’obbiettivo, come già spiegato è ottenere una stretta relazione con l’acquirente conquistando la sua fiducia.  Per farlo si crea un personaggio (non necessariamente un uomo) in cui il cliente si può immedesimare. Si descrivono le sue emozioni o si veicola un messaggio.

Per esempio tra le infinite possibilità:

  • La storia del fondatore del brand o dell’imprenditore di successo; 
  • L’impiagato brillante che ha promosso attività importanti per l’azienda e i suoi valori;
  • La storia di una ricetta in un ristorante che ha cambiato la vita del cuoco;
  • I valori ecologici di un prodotto la cui produzione aiuta l’ambiente…e così via.

Andando sul pratico prendiamo adesso il caso di un ristorante per famiglie che serve piatti tradizionali con ingredienti biologici. Qui lo storytelling sarà utile per differenziarsi rispetto ai molti concorrenti e serve ad indicare al cliente che entra per la prima volta a sapere quello che lo aspetta: piatti semplici in un’ambiente semplice e accogliente.

Scritto così sembra banale, se invece, fin dalla copertina del menù si raccontano le origini contadine del proprietario e si spiega che:

  • Il proprietario si chiama Ruggero, vive in città ma ogni estate da piccolo andava in campagna dai nonni e quindi ha conosciuto la vita nei campi;
  • Tutti i prodotti sono freschi e sani perché scelti per amore e rispetto della natura.
  • Ruggero ha imparato ad amare la natura da piccolo con i racconti del suo caro nonno Luigi;
  • Nonno Luigi viveva in una fattoria insieme agli animali e coltivava il grano;
  • Le ricette sono quelle della nonna Roberta che stendeva a mano la pasta fatta con la farina del grano di Luigi macinata in un vecchio mulino di campagna e non tramite un processo industriale…

È tutta un’altra storia!

Ovvero un’altra percezione del ristorante che diventa portatore dei valori della natura e della tradizione contadina. Allora anche il caffè diventa più buono!

Il caffè è più buono qui!

Ceste di vimini che richiamano atmosfere contadine – Immagine: Unsplash

Cosa fare dal lato architettonico/interior?

  • si deve creare un percorso (design emozionale) all’interno della zona di vendita con punti focali disposti in modo che passando si ritrova ogni fase della storia;
  • l’arredo deve essere studiato ad hoc e rispecchiare il mondo della fattoria narrato, quindi tavoli, bancone e panche in legno, sedie in vimini, colori caldi;
  • Muri intonacati grezzi oppure con i mattoni dietro l’intonaco che si intravedono qua e là come nell’immaginario delle case di campagna;
  • Degli accessori evocativi come delle ceste per le uova fresche, magari appese al soffitto (per dare n tocco più moderno);
  • Uno spazio dedicato ai dolci, vicino al bancone, per mangiare con gli occhi le invitanti torte della nonna;
  • Delle verde oppure del fieno e spighe di grano per richiamare l’atmosfera di rurale;
  • Alle pareti quadri con scene di campi e foto degli animali liberi nelle fattorie di una volta;
  • Per finire dove serve, si possono appendere delle insegne o dei quadri illustrati, anche questi in linea con la grafica e i contenuti progettati, che raccontano come gli ingredienti vengono preparati, le foto del mulino per la farina, come e dove viene fatto l’olio, le foto in bianco e nero delle nonne che mostrano come viene tirata la pasta, ecc.

Se si hanno i mezzi si può provare ad usare con buon senso la tecnologia, in maniera soft senza snaturare l’immagine della fattoria. Per esempio le ordinazioni si possono fare via wi-fi attraverso dei tablet fissati ai tavoli che si notano solo quando ci si siede

Il bello è che la storia può continuare anche fuori dal ristorante perché ulteriori informazioni e servizi vengono forniti attraverso il sito internet. Lo si può fare anche utilizzando canali social come Instagram che sono perfetti per fare storytelling.

I grandi brand del fashion si fanno raccontare!

Un esempio importante è quello di Gucci a New York dove oltre al personale di servizio vengono assunte delle nuove figure, i ”Gucci connectors”, dei veri e propri ambasciatori del Marchio scelti per raccontarne la storia ai clienti.

Gucci New york

La boutique Gucci a New york – Immagine: Google

Questi concetti sono applicabili a tutti gli spazi di vendita, dal piccolo negozio al dettaglio alla boutique monomarca di alta moda. Si può sempre semplificare e adattare questi spunti alla propria situazione. Nelle realtà più piccole si può fare attraverso un uso originale della tecnologia (vedere anche…)  e per fare la differenza offrire un fantastico servizio clienti one-to-one, ovvero assumere personale di qualità, empatico e preparatissimo sul catalogo e i valori delle marche esposte.

È chiaro che processo come questo va progettato nei dettagli e per farlo è fondamentale chiedere aiuto ad un “retail specialist” che progetti il percorso emozionale più efficace in base alle caratteristiche che lo spazio permette, perché ogni luogo è diverso e ha caratteristiche uniche.

In questo modo si otterrà sistema efficiente che assicura la storia risulti coerente sotto ogni punto di vista. Questo vale soprattutto per il funzionamento interno dello spazio di vendita, dividendo per esempio i percorsi principali da quelli secondari, decidendo la sequenza delle attività che si svolgono e dove e così via…

Ci sarebbe moltissimo altro da scrivere sulla tecnica dello storytelling e qui per esigenze di spazio non è possibile. Va considerata come uno degli strumenti base che si possono usare in un progetto di interni per coinvolgere il cliente. Ma non è l’unico.

Ce ne sono anche altri. Si tratta di forti magneti che entrano fisicamente in contatto con la persona che vive lo spazio e sviluppano un rapporto di fiducia basato sull’importanza che la persona stessa dà all’esperienza che ha vissuto. Un rapporto molto più potente di qualsiasi forma di pubblicità.

Da un punto di vista più ampio, si può affermare che permettono di creare legami tra il marchio e il cliente in un modo così forte che è (per ora) impossibile da riprodurre nei negozi on line.

Approfondimenti:

  • Vladimir Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi 2000.
  • Andrea Fontana, Manuale di Storytelling, Rizzoli Etas, 2009 ;
  • Diomira Cennamo e Carlo Fornaro, Professione Brand Reporter: Brand journalism e nuovo storytelling nell’era digitale, Hoepli, 2017;

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